Interpretazione di un sogno - Capitolo 7

18:30:00 / Pubblicato da Stanley Warren Smith /

Si ritrovava spesso a pensarci: se avesse tolto tutto ciò di superfluo, vano e transitorio che aveva fatto e faceva parte della sua vita, non gli sarebbe rimasto niente.
In fondo perchè agiva, e perchè lo facevano tutti? Lavoravano per arrivare a fine mese, studiavano per non dover lavorare per arrivare a fine mese, progettavano scadenze che mai avrebbero rispettato, sognavano e poi si disilludevano, perchè?
Perchè si faceva carico di colpe che non erano sue per stare a posto con la coscienza che lo avrebbe comunque tormentato, perchè sapeva che lo stava facendo solo per mettersi a posto con sè stesso, ma forse anche un pò lo sentiva veramente; perchè si ostinava a cercare dentro di sè una soluzione che mai avrebbe trovato, neanche un indizio, un accenno, niente, così come era dispersa la ragione del suo continuo pensare, puro sforzo mentale che avrebbe sicuramente trovato definizione di mera perdita di tempo alle menti dei più.
Sbattersi per chi? Per cosa?
Per andare in vacanza! Drogarsi di pausa, ancora indolenziti dall'assuefazione alla routine, e poi, quando cominci a prenderci gusto, cambi pusher e torni alla solita merda.
Si guardava attorno alla ricerca di conforto, conforto che non sarebbe venuto da alcun oggetto al mondo, nè da persona, nè da grido, nè da sospiro; era stizzito dal silenzio delle mura, stomacato dal rumore dell'aria...
Voleva dichiarare guerra a tutto, far saltare in aria il mondo, tirar giù l'albatro nel cielo a colpi di mitra e bruciarne il cadavere, e poi sputarci sopra, sì, forse, magari.

E si ritrovava così, seduto sulla sua poltrona in similpelle a guardare dalla finestra, ad invidiare qualsiasi altra forma di vita gli capitasse a tiro.
Ma del resto chi era lui per invidiare? Cosa poteva saperne dei problemi di un animale, di un insetto, di una farfalla o di un cane? Proprio lui, che diceva sempre di amare gli animali... ogni creatura sulla faccia della Terra aveva un significato particolare per lui, e non raggruppava mai tutti gli animali in un unico concetto di "cane" o "gatto", ma li considerava per quello che erano, a sè stanti, ogni singolo animale faceva storia a sè... una specie di neo-San Francesco... questo diceva!
Ma in realtà aveva paura quando si trovava di fronte un cane che superasse i 40 centimetri di altezza, ma forse aveva pure ragione, perchè quel cane veramente gli poteva fare male, mica a scherzare! E San Francesco chissà se è mai esistito, magari è una metafora, magari una balla e basta, un lupo gli avrebbe fatto paura e chissenefrega se aveva un animo gentile sotto sotto, lui non aveva voglia di conoscerlo, neanche gli avessero regalato un milione. Sì, perchè di fronte a quelle cose i soldi non riuscivano ad influenzarlo, nonostante pensasse "...ma alla fine sarebbe un secondo solo, un attimo, un'ora, una sera..." ma poi non lo faceva mai, e dico mai!
Ma perchè avrebbe dovuto condividere qualcosa con qualcuno? Dove stava scritto?
Al diavolo chi lo additava come "asociale", la sua era una minoranza composta da un solo elemento, che era lui stesso, capo di sè e al contempo suo seguace...

Una doccia, una cazzo di doccia!

Lo specchio in casa era una presenza inquietante, ogni volta che ci passava davanti si trovava di fronte a quella persona che cercava di migliorare da più di vent'anni, e che chissà se gli avrebbe mai dato qualche soddisfazione.
Cercava di asciugarsi i capelli cercando di dare loro una qualche forma, ma ad ogni colpo di phon si ripeteva che non gli fregava niente del suo look, e che i capelli potevano fare quel che volevano.
Ma se lo ripeteva spesso, eh... voleva proprio convincersi in tutti i modi che non gli importava... un pò come Einstein.
Dopo la formulazione della teoria della relatività, 100 fisici scrissero un libro dove cercavano di smantellare questa tesi, ma Einstein disse che, se davvero avesse avuto torto, ne sarebbe bastato uno solo, di fisico, per confutare le sue teorie.

E in effetti i capelli stavano prendendo quella piega...